Aspetti psicologici dell’obesità

Da un paese all’altro, da un’epoca all’altra, si propongono standard corporei diversi e il corpo umano ha dato, nel tempo, prova di notevoli adattamenti.

Non esiste società che tratti il cibo e il rapporto con il corpo in modo esclusivamente razionale, tenendo conto soltanto del valore nutritivo degli alimenti. Le valenze dell’alimentazione sono perciò, per ognuno di noi, radicate su valori culturali, consuetudini familiari e aspetti emotivi. Anche per questa complessità di fattori, nel caso dell’obesità, le diete restrittive da sole sono spesso destinate al fallimento, perché ignorano le motivazioni profonde del comportamento alimentare del paziente.

L’obesità non è solo un disturbo ma può rappresentare uno stile di vita, una modalità di difesa, che si inserisce in un ampio sistema di regolazione, con compiti importanti anche se non sempre consapevoli. L’aspetto fisico e la problematica organica possono, infatti, possono mascherare disturbi più gravi, ricomporre tensioni interpersonali, regolare la distanza delle relazioni, controllare reazioni impulsive.

“Perché mangio anche quando non ho fame?” Questa domanda, frequente nelle persone obese, pone in evidenza come gli attacchi di fame non sempre hanno a che fare con un bisogno reale di nutrimento. Essere dipendenti dal cibo non è, infatti, un comportamento che riguarda esclusivamente il fisico: si tratta piuttosto di un modo di rapportarsi al cibo che rivela aspetti della personalità e che induce a vivere una sorta di odissea tra fame e alimentazione. Gli attacchi di fame possono inoltre arricchirsi di diverse valenze da un punto di vista simbolico: tapparsi la bocca per impedirsi di dire cose aggressive o distruttive, colmare un terribile vuoto interiore identificato come fame, placare l’ansia per il senso di sgomento provato.

Parlare degli aspetti psicologici dell’individuo obeso significa prendere in considerazione la complessità dei suoi sintomi, i loro vantaggi e svantaggi da un punto di vista sia interiore che di adattamento al contesto esterno. L’obeso sembra mettere in luce le ombre della nostra società (perdita del controllo, della bellezza, della misura, della volontà, dell’attivismo), e suscitare vissuti e pregiudizi negativi, che possono riflettersi anche nell’atteggiamento dei curanti e sull’andamento del percorso di cura.

Rispetto al rapporto fra obesità e disturbi psicopatologici, le ricerche più recenti non hanno messo in luce una personalità psicopatologica specifica del soggetto obeso; tuttavia l’obesità e il suo trattamento si intrecciano ai processi psicologici dell’individuo, e risulta per questo fondamentale valutarne le interazioni al fine di qualsiasi proposta di intervento.

Un certo numero di persone obese soffre di problemi psicologici e di disturbi mentali concomitanti all’obesità (come disturbi dell’immagine corporea, disturbi del comportamento alimentare, disturbi di personalità), e lo stigma sociale che colpisce le persone obese può favorire l’insorgenza di disturbi psicopatologici.

La maggior parte degli obesi afferma di aver iniziato a prendere più di cinque chili di peso in occasione di un evento importante della loro vita (lutti, cambiamenti improvvisi, matrimonio, divorzio); in questi casi, l’atto di mangiare in eccesso può essere pensato come una reazione allo stress, oppure come una risposta di una persona che mangia invece di reagire attivamente all’evento. Anche gli stati emotivi forti intervengono nell’attivare un’iperalimentazione: l’obeso ha difficoltà a riconoscere la sua fame così come il senso di sazietà, e li confonde con delle “tensioni” in senso generico (collera, paura, noia). Il cibo, risposta materna a tutti i bisogni in maniera indifferenziata, diventa anche per l’obeso adulto il modo per rispondere a ogni emozione e sensazione. L’ansia, la depressione, la rabbia, l’aggressività, la gelosia, la gioia, si trasformano in voracità, o come nel caso di percezione di dolore, una ricerca di attenuazione della sensazione negativa.

L’approccio agli aspetti psicologici dell’obesità s’inserisce nella presa in carico interdisciplinare del paziente, attenta alla globalità dei suoi bisogni dal punto di vista organico, psicologico, relazionale, familiare e sociale.

Parlare di questi aspetti non significa considerare l’obesità come un disturbo mentale, ma addentrarsi nell’importanza di definire con il paziente le molteplici cause dell’insorgenza del suo disturbo, i fattori di mantenimento e di aggravamento e individuarne responsabilità e possibili soluzioni per decidere se e come affrontare un possibile percorso terapeutico.

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